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Cambiamenti climatici: questione di...cambiamenti!

Aggiornamento: 7 gen 2022

Ormai è chiaro a tutti, i cambiamenti climatici sono strettamente connessi al comportamento dell'uomo: se non vogliamo danneggiare in maniera irreversibile il mondo che ci ospita, dobbiamo agire e dobbiamo farlo il prima possibile. Questo messaggio passa quotidianamente sui giornali, sulle tv, sulle riviste scientifiche e non c'è politico che non si dica d'accordo sull'affrontare in maniera efficace la crisi climatica. Eppure, poco o nulla viene fatto per affrontare seriamente una delle sfide più importanti dell'umanità, perché?


L'argomento è molto complesso e può essere osservato da tanti punti di vista. Possiamo dare una spiegazione economica, politica, sociale etc. Io ho cercato di darmi una risposta guardando la questione dal punto di vista psicologico: siamo davanti ad un pericoloso immobilismo di massa che molto ricorda le difficoltà con la quali tutti noi affrontiamo i cambiamenti nelle nostre vite.


Resistenza al cambiamento

Cambiare non è facile: significa lasciar andare un comportamento o uno schema mentale che ci ha guidato fino a un determinato momento.

Comporta l'abbandono di una situazione di agio nota ai più come comfort zone. A volte però cambiare è indispensabile, i comportamenti che nel passato si sono rivelati funzionali, davanti una nuova situazione possono diventare disfunzionali, ossia controproducenti.

Se dunque cambiare richiede uno sforzo considerevole, cosa dovrebbe accadere affinché si inizi a mettere in campo azioni concrete per la protezione dell'ambiente?

Possiamo vedere migliaia di report che mostrano l'incremento della temperatura negli ultimi trent'anni, ci possono presentare decine e decine di dati che dimostrano il ritiro dei ghiacciai in Groenlandia ma davanti a queste informazioni ci sarà una sola reazione "ah interessante, c'è da preoccuparsi". Il cervello archivierà l'informazione per poi continuare ad applicare gli schemi di comportamento di sempre. Il problema di queste informazioni è che parlano solamente alla parte razionale del cervello.


Rispondere con le emozioni

Per generare un cambiamento nelle persone bisogna parlare soprattutto alla loro parte emotiva, suscitare emozioni con immagini forti per motivarle ad agire. Cosa ti spingerebbe di più all'azione, un grafico che mostra la superficie coperta dai ghiacciai o l'immagine di un orso polare affamato che tristemente vaga su un piccolo pezzo di ghiaccio in mezzo al mare? Appunto. Personalmente trovo geniale la strategia comunicativa di Simon Kofe durante il meeting di Glasgow (Cop26). Il ministro degli Esteri delle Isole Tuvalu ha voluto far sapere a tutti, senza utilizzare grafici, che due delle nove isole dell'arcipelago sono già sull'orlo dell'inabissamento a causa dell'aumento del livello dei mari, a sua volta conseguenza del riscaldamento globale. Un'immagine davvero potente che smuove i cuori delle persone.

Purtroppo oggi ci imbattiamo spesso in immagini dal forte impatto emotivo. Ciò sta facendo crescere il grado di preoccupazione per l'ambiente degli italiani passato dal 42% del 2001 al 66% del 2021 secondo un recente sondaggio Demopolis.



Tuttavia anche se la nostra parte emotiva viene risvegliata, e questo ci dà una grande motivazione a "fare qualcosa", affinché il cambiamento venga messo in atto concretamente, abbiamo bisogno di una regia generale (istituzione, associazioni, etc.). che declini in termini pratici cosa sia quel "fare qualcosa". Senza una guida che indichi la via dove incanalare l'energie positive generate dalla voglia di cambiare, presto la motivazione diverrebbe frustrazione generata dal non sapere "come" cambiare, con il conseguente dispendio di enormi energie virtuose.


E se anche la politica facesse così?

Cosa suggerire alla politica e alle organizzazioni per raggiungere obiettivi duraturi e tangibili? Cosa suggerire ad ognuno di noi? Ecco un breve elenco dei passi che potrebbero essere seguiti per attuare un reale cambiamento:


1) avere un obiettivo comune che sia concreto, raggiungibile e misurabile da traguardare in un arco temporale definito. Ad esempio ridurre del 2% (non del 20%) le emissioni di CO2 derivanti dal comportamento dei consumatori entro il 31/12/2022 (non nel 2040).


2) elencare istruzioni chiare e dettagliate con richieste che siano facilmente applicabili da tutti. Se chiediamo alle persone di andare in ufficio tutti i giorni con la bicicletta anziché prendere la macchina, siamo destinati a fallire perché stiamo chiedendo un cambiamento troppo radicale. Iniziamo dai piccoli cambiamenti come ad esempio evitare di acquistare la carne confezionata con packaging di plastica.

I piccoli cambiamenti, supportati da piccoli risultati, riescono a generare una spirale positiva per il raggiungimento di grandi traguardi fino a poco tempo prima impensabili.


3) creare presupposti e condizioni per facilitare al massimo l'applicazione della lista di "cose da fare". Ad esempio prevedere sgravi fiscali ed agevolazioni per quei supermercati che accolgono esclusivamente prodotti sostenibili e che alimentano l'economia circolare.


La sfida davanti a noi è di portata epocale. La buona notizia è che abbiamo le risorse economiche, intellettive, emotive e tecnologiche per vincerla.

Dobbiamo solamente accogliere dei piccoli cambiamenti nelle nostre vite.




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